“Fratelli guardate per un attimo al Crocefisso”
Così ha esordito Don Fulvio di Fulvio nella sua omelia e, ricordando la lettera di Giovanni, ha proseguito – “la vita si è resa visibile attraverso la incarnazione del Figlio di Dio. È venuto ad abitare in mezzo a noi. E noi vedemmo la sua gloria”. Don Fulvio ha ribadito che noi siamo a immagine di Dio. Ciò significa che Dio ha messo in noi la sua immagine partecipandoci la sua anima spirituale. Non possiamo dimenticare che corpo e anima sono un tutt’uno e che l’anima dell’uomo è fatta per Dio. Dobbiamo tendere a lasciarci assimilare a Dio, a lasciarci trasformare dallo Spirito Santo che entra in noi. Ma dobbiamo anche domandarci perché non siamo in grado di manifestare la gloria di Dio che è in noi.
Ciò accade a causa del peccato. Don Fulvio ha poi ricordato che “uomo e Donna non sono uguali” perché essi riflettono la gloria di Dio in modo diverso. Essi si danno reciprocamente la possibilità di essere liberi. È il marito che dà alla mamma la libertà di fare la mamma e così è la moglie che dà al marito la libertà di assolvere ai suoi compiti. La purezza è la capacità di far trasparire dalla nostra persona la gloria di Dio e questo valore va recuperato nella famiglia bandendo la pornografia, il libertinaggio. La Chiesa sta chiamando a un rinnovamento spirituale che deve partire dalla famiglia.
Il primo amore del marito deve essere la moglie. Per questo egli lascerà il padre e la madre. Non devono esservi legami alternativi, e ciò vale per entrambi i coniugi. Non separi l’uomo ciò che Dio ha unito. “Prima di Tutto la famiglia”. Un matrimonio è santo quando il cuore del marito rallegra il cuore della moglie e viceversa. Va tenuto conto però che ognuno di noi ama come è stato amato e Don Fulvio ha invitato gli sposi a porre attenzione a questo nei rapporti reciproci.
Esistono però straordinarie soluzioni: Giovanni Paolo II ha perso la madre in tenera età, ed allora ha preso per madre la Madonna. “Accettiamo la libertà in Cristo, la prima donazione è il matrimonio”. Il sorriso della moglie riempie la vita al marito perché gli trasmette Dio.
La nostra incapacità di dare la vita deriva dal nostro non essere liberi. Ma Gesù guarisce le nostre ferite.
San Giovanni Bosco ha perso il padre da bambino e si è posto alla sequela di Gesù. Perdonare e benedire. La benedizione del genitore è liberazione e guarigione. Il genitore che perdonando un errore del figlio lo benedice lo fa santo. Essa guarisce , risana. I genitori con il loro amore santificano i figli ed essi sono benedetti sin dal concepimento. Occorre bandire le maledizioni e le bestemmie. Una delle prime cose che un genitore deve imparare è imparare a benedire. Don Fulvio di Fulvio ha comunicato questi insegnamenti con amore e calore toccando i cuori durante questa celebrazione eucaristica.
Il sacramento del matrimonio segno reale dell’alleanza e luogo privilegiato della rivelazione
(Gv. 2, 1-11)
Parola di Dio e Magistero.
- Poi il Signore disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile» (Gn 2,18)
- “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore, ti fidanzerò con me nella fedeltà e tu conoscerai il Signore” (Os. 2,21-22)
- “Gli sposi sono, pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla croce, sono l’uno per l’altra e peri figli testimoni della salvezza di cui il sacramento li rende partecipi” (FC,13).
Il matrimonio può essere compreso solamente in chiave cristologia. La creazione dell’uomo maschio e femmina costituisce il sacramento primordiale perché contiene già in sé il disegno dell’alleanza: l’unità duale uomo- donna trova il suo archetipo nel rapporto Cristo Chiesa che getta luce sul rapporto uomo-donna.
Il dato creaturale è una prefigurazione del progetto di alleanza e trova, pertanto il suo compimento nel sacramento che ne diventa segno reale.
Il Dio che crea l’uomo è il Dio comunione di persone, è il Dio Trinitario ed è la comunione trinitaria l’immagine che Egli imprime nell’uomo e nella donna creati come esseri personali, capaci, perciò, di aprirsi al dialogo e al dono di sé, per questo Adamo si riconosce come persona solo quando si trova di fronte ad Eva. L’uomo scopre la sua identità e, quindi la sua vocazione ultima, nell’atto dell’uscire fuori da sé, nell’esperienza dell’amore; è l’incontro con un tu che lo rivela se stesso. L’uomo è creato per la comunione “creato per amore è chiamato nello stesso tempo all’amore” (FC 11).
Amore e comunione esprimono l’identità profonda dell’uomo. Il sacramento si pone in continuità con il dato creaturale. Il progetto di Dio è un’alleanza sponsale, definitiva, indissolubile con l’uomo. Dio si propone al suo popolo come uno Sposo che ama e vuole essere riamato e che non si rassegna alla infedeltà di questo popolo così da pensare ad una alleanza che sia definitiva “Ti farò mia sposa per sempre nella giustizia e nella fedeltà…e tu conoscerai il Signore” È in Gesù che sulla croce dona tutto se stesso, che Dio unisce definitivamente a sé l’umanità.
In questo progetto si colloca il matrimonio dei battezzati come “segno” e attuazione nella storia della Nuova Alleanza per mezzo di Gesù Sposo.
La capacità di amare affidata all’uomo e distrutta dal peccato viene riconsegnata da Gesù che sposando l’umanità le restituisce la capacità dell’amore e la libertà di rispondere al dono d’amore. “Vi darò un cuore nuovo…toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne…porrò il mio Spirito dentro di voi…" (Ez.36,26 ).
Dal costato di Gesù come da quello di Adamo è generata la nuova Eva, la Chiesa, dalla croce scaturisce risanata la nuzialità dell’uomo.
Il sacramento del matrimonio scaturisce dalla Pasqua e dalla Pentecoste come dispiegamento, nella storia, del mistero nuziale di Dio e, come nella prima creazione, viene effuso sugli sposi lo Spirito Santo che “rende l’uomo e la donna capaci di amarsi come Cristo ci ha amati” (FC,13) è il cuore nuovo promesso per mezzo del profeta. “Lo sposo che ama e si dona come salvatore dell’umanità unendola a sé come suo corpo rivela la verità originaria del matrimonio, la verità del principio e, liberando l’uomo dalla durezza del cuore, lo rende capace di realizzarla interamente ”(FC,13) Il sacramento del matrimonio è l’alleanza realizzata che opera nella storia attraverso la vita degli sposi.
Don Carlo Rocchetta afferma che "l’amore umano e l’amore divino si incontrano, l’uno come apertura verso la trascendenza, l’altro come dono che si effonde nel cuore dell’uomo. Il matrimonio cessa di essere solo un’immagine della nuzialità di Dio e diventa simbolo reale, incarnazione del suo amore per l’umanità, dell’amore di Gesù per la sua Chiesa".
Il Sacramento è un evento celebrato una volta per sempre da ricelebrare ogni giorno nella vita, è un sacramento permanente e consacrante che conferisce un vincolo permanente. Il sacramento assume la relazione uomo- donna e la innesta nella relazione Cristo- Chiesa. Ne consegue che è la relazione uomo donna, in tutta la sua realtà quotidiana che diventa sacramento.
Tutta la realtà della coppia partecipa dell’amore di Cristo per la Chiesa e ne diviene il simbolo reale.
Da qui la singolarità di questo sacramento rispetto agli altri: è un evento umano che diventa evento di salvezza. Il sacramento del matrimonio è un atto di Cristo che consegna un uomo ad una donna e viceversa, solo Gesù può donarli l’uno all’altro perché per il battesimo, il cristiano appartiene a Lui e li unisce in modo indissolubile facendoli partecipi della sua stessa alleanza.
"In ogni celebrazione del matrimonio la Chiesa celebra se stessa e compie se stessa” ( C. Rocchetta, Il Sacramento della coppia) Il consenso che gli sposi si scambiano è perciò accettare di consegnarsi l’uno all’altro e accettare di entrare nella dinamica trinitaria, è “un autoconsegnarsi” come ha fatto Gesù che “ha amato la sua Chiesa e ha dato se stessa per lei, per renderla tutta santa”. (ibd.) È un “si” al mio sposo che diventa “si” a Dio.
Artefice di questo evento è lo Spirito Santo che dona agli sposi il cuore nuovo e li rende capaci di amarsi come Cristo ci ha amati e fa del matrimonio la pentecoste della coppia.
Nel nuovo rito ci sono diverse invocazioni dello SS come una vera e propria epiclesi, fatta con le mani distese che indica una consacrazione per un ministero nella comunità.
Gli sposi sono consacrati per essere inviati.
Il sacramento non consiste solo nella celebrazione ma la stessa vita degli sposi, la loro quotidianità diventa sacramento, “segno sacramentale di salvezza”.
Gli sposi sono “il richiamo costante di ciò che è accaduto sulla croce” (FC,13).
La realtà del matrimonio sacramento, come ha affermato Giovanni Paolo II, è inabitata dall’Alleanza, Dio continua a fare alleanza con il suo popolo dentro la vita degli sposi che diventano incarnazione e profezia dell’amore di Dio e si amano dello stesso amore con cui Gesù ama la sua Chiesa.
Il primo effetto del sacramento è l’indissolubilità, in quanto segno e partecipazione dell’amore indissolubile di Dio per il suo popolo e di Gesù per la Chiesa
Il secondo effetto è la grazia che è la perenne presenza dello SS che configura gli sposi a Gesù sposo.
La Grazia non è data al singolo ma alla relazione, agisce ugualmente nella coppia anche se uno dei due è più ferito, più povero, più lontano.
Il matrimonio ha nell’Eucarestia la sua stessa fonte, in essa i coniugi trovano “l a radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale” (FC,57). La vita coniugale è una realtà mistica, essa rivela Dio e ci conduce a Dio, si configura, perciò, come un cammino di sequela e di santità.
Dal Sacramento discende la nostra spiritualità che si modella sulla sponsalità di Cristo Ef.5 “come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato sé stesso per lei per renderla tutta santa..”
Il contenuto della spiritualità coniugale, cioè la particolare modalità di vivere la vita nello Spirito, è, dunque, lo stesso vissuto della coppia e della famiglia, l’ordinario che diventa straordinario per opera della grazia
Il matrimonio è una con-vocazione, cioè una vocazione a due. Vocazione “al” matrimonio e "nel" matrimonio, "Il Signore che ha chiamato gli sposi al matrimonio, continua a chiamarli nel matrimonio"(FC,13), il ”noi” degli sposi è realtà teologale a servizio del Regno di Dio e della santificazione personale.
Pentecoste 2009 di Don Fulvio Di Fulvio
La festa di Pentecoste, una delle tre feste di pellegrinaggio a Gerusalemme, nacque come festa agricola della mietitura del frumento, come è scritto nel libro dell’Esodo (cfr. Es 23,16), o come festa delle Settimane, perché la sua data era fissata a sette settimane dalla Pasqua come prescritto: Conterai sette settimane; da quando si metterà la falce nella messe comincerai a contare sette settimane; ed era l’occasione per presentare al Signore le offerte dei prodotti della terra - poi celebrerai la festa delle settimane per il Signore tuo Dio, offrendo nella misura della tua generosità e in ragione di ciò in cui il Signore tuo Dio ti avrà benedetto (Dt 16,9-10).
Al tempo del re Asa (911-870) fu occasione per rinnovare l’Alleanza del Sinai con il Signore e con un nuovo impegno di fedeltà, come si racconta nel libro delle Cronache (2Cron 15,10-15).
Tale consuetudine fu seguita da qualche corrente religiosa, come quella di Qumran che si denominava la comunità della Nuova Alleanza e riteneva la Pentecoste il giorno del rinnovamento dell’Alleanza e la considerava la festa più importante. Solo nel secondo secolo dopo Cristo la Pentecoste fu assunta dagli Ebrei come festa che faceva memoria del dono della Legge, segno dell’Alleanza con Dio (cfr. Dt 5,1-5), data sul monte Sinai (cfr. Es 19,1ss) durante una teofania che fece sussultare anche il creato.
Nella Pentecoste Cristiana, al terrore del Sinai, si sostituisce la gioia per la piena rivelazione dello sposo, Cristo, che si unisce alla sua sposa, la Chiesa, in una perfetta comunione d’amore. Lo Spirito Santo, che era sceso visibilmente su Gesù al Giordano consacrandolo Messia e Salvatore e accreditandolo agli occhi del popolo come Figlio di Dio, scende sensibilmente sulla Madonna e gli Apostoli riuniti nel Cenacolo, cioè sulla Chiesa che viene indicata come il vero tempio di Dio (cfr. At 2,1-13). Lo Spirito dà testimonianza perché lo Spirito è la verità (1Gv 5,6). L’inviato di Dio, secondo i profeti, ha come segno di riconoscimento lo Spirito di Dio che è in Lui (Is 61,12; Lc 4,18-19). Secondo tutti e quattro gli evangelisti, Gesù viene presentato da Giovanni Battista come colui che battezza nello Spirito Santo e “senza misura egli dà lo Spirito” (Gv 3,34).
Secondo S. Pietro, Dio elargisce lo Spirito Santo a coloro che si pentono, si sottomettono a Lui e gli obbediscono riconoscendo in Gesù il Figlio di Dio.
S. Paolo, nella lettera ai Romani, parla del suo ministero apostolico come di una chiamata di Dio per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti... con parole ed opere, con la potenza di segni e di prodigi, con la forza dello Spirito (cfr. Rm 1,5; 10,16; 15,18; 16,19.26).
Pietro lo ribadisce dicendo ai fedeli “che sono stati eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue” (1Pt 1,1-2). Viene salvato chi obbedisce a Gesù Cristo. Scrive ancora S. Paolo: “Rendiamo grazie a Dio, perché eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quella forma di insegnamento alla quale siete stati affidati. Così liberati dal peccato siete stati resi schiavi della giustizia” (Rm 6,17-18).
Giovanni a sua volta scrive nella sua prima lettera: E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi (1Gv 5,5-8).
Secondo S. Giovanni la misericordia di Dio comprende a) il perdono delle offese fatte a Dio, b) la cancellazione delle colpe, cioè la giustificazione dal peccato, c) l’effusione dello Spirito Santo che genera la comunione con Dio.
L’acqua del battesimo è segno del perdono delle offese fatte a Dio. Il peccatore abitualmente non dubita della bontà di Dio e del suo perdono, ma della propria capacità di liberarsi dalla colpa, poiché, anche se perdonato, gli rimane il bisogno di essere giustificato dalla colpa. Ciò non può avvenire per opera sua, neanche pagando il debito. Gesù lo giustifica assumendo su di sé la colpa del peccatore e lavandola nel proprio sangue, poiché non c’è remissione di colpa senza spargimento di sangue (Eb 9,22). Egli cancella le colpe degli uomini avvolgendoli nelle fiamme del suo amore misericordioso. Se due amici o due sposi si sono offesi, non possono più vivere in amicizia fino a che non si scambiano il perdono e cancellano la colpa. Dove c’è colpa non ci può essere comunione. S. Paolo spiega che il peccatore che si pente e crede in Gesù muore a se stesso per vivere di Lui ed è reso giusto (cfr. Rm 6,4.7). Il sangue sta ad indicare la cancellazione delle colpe e quindi la giustificazione. Lo Spirito poi - che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità (1Gv 5,6) - è il segno della pace di Dio con gli uomini e della sua profonda comunione, è il segno della reale appartenenza a Gesù Cristo poiché “Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene” (Rm 8,9).
La prima conversione che Dio chiede all’uomo, prima ancora che riesca a cessare di fare il male e di compiere il bene (cfr Is 1,16-17), è quella di sottomettersi a Lui in obbedienza e permettere a Gesù di entrare e di agire in lui. Col peccato l’uomo ha disubbidito ed ha escluso Dio dalla propria vita; con la conversione obbedisce a Gesù e lo lascia agire in sé.
A Pentecoste Gesù, il «sì» di Dio a tutte le promesse, effonde il suo Spirito sulla Chiesa e ne fa il suo vero tempio santo, il luogo della sua santa dimora, la rende partecipe della sua stessa vita e realizza quanto era stato predetto dai profeti. S. Pietro, il giorno di Pentecoste, riferendosi alla discesa dello Spirito Santo annuncia: “Accade quello che predisse il profeta Gioele” (At 2,16). S Paolo a sua volta ad Antiochia di Pisidia proclama: “E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta, poiché Dio l’ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù” (At 13,32-33). Le figure cedono il posto alla realtà, le promesse e l’attesa alla gioia del compimento. Col dono dello Spirito tutti i doni di Dio diventano presenti: Dio viene a dimorare in mezzo agli uomini, raduna nell’unità il suo popolo diviso e disperso, alla legge scritta sulla pietra sostituisce quella scritta nei cuori (cfr. Ez 36,24; At 2,5-12), con i suoi doni si rende presente nella vita di tutti, stabilisce una relazione personale con ciascuno. S. Pietro afferma che “Con questo egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina (2Pt 1,4), così tutti lo possono conoscere, dal più piccolo al più grande “poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato” (cfr. Ger 31,34).
Ecco la nostra Pentecoste, non un giorno particolare, ma una corrente inesauribile di grazia che si manifesta ogni volta che il peccatore si arrende a Gesù. Obbedisci a Lui, accogli di essere perdonato e giustificato nel suo sangue, perché Egli lo ha già fatto, ed Egli ti battezza nel suo Santo Spirito. Non ti chiede nulla se non quello di lasciare che Lui faccia qualche cosa per te, cioè che ti ha già amato fino alla morte, che ha preso le tue colpe per renderti innocente per sua grazia. Lo Spirito non può convivere con la colpa. Pentiti, accetta di perdere te stesso, rinunciando anche alle tue virtù (cfr. Fil 3,7-11) per fare di Cristo la tua vita, il tuo vanto, la tua gloria. Con S. Paolo puoi dire: “Non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Allora Dio, che è Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti (Ef 4,6), dà a ciascuno una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune (1Cor 12,7).
Il credente rinato a vita nuova, vive unicamente di gratitudine verso il Padre, lo loda, lo ringrazia, lo adora, vive nella comunione dei Santi e partecipa ad altri il dono ricevuto perché si moltiplichi l’inno di grazie.
Il Rinnovamento nello Spirito ha nella Chiesa la specifica chiamata a promuovere l’accoglienza del dono dell’effusione dello Spirito Santo coi suoi carismi, formando fratelli e sorelle a vivere secondo lo Spirito, radunandoli in gruppi e comunità, mediante un cammino di fede basato sulla Parola di Dio, avendo Maria per Madre e come segno di speranza, fino al raggiungimento della piena maturità in Cristo che si manifesta nel donare la vita per la salvezza delle anime.